Gli Aztechi furono un popolo molto potente che dominò per secoli quello che oggi è il Messico, nell’America Centrale; il nome stesso “Messico” deriva dall’appellativo Mexica con cui gli Aztechi solevano chiamarsi tra di loro.
Il termine “Azteco” venne coniato in seguito da uno studioso tedesco per distinguere i Mexica dalle altre popolazioni precolombiane (cioè esistenti prima dell’arrivo di Colombo).
UN POPOLO DI GUERRIERI
Gli Aztechi erano originariamente un popolo nomade proveniente dalle regione settentrionali (Aztlán, un termine in lingua nahuatl che significa “luogo dell’airone”, era il loro leggendario luogo di origine; da qui il nome “Aztechi”) che si stanziò attorno al XII secolo in America Centrale e si mischiò con le tribù locali.
La colonizzazione, e la successiva espansione, avvennero perlopiù con la forza e la sottomissione delle città confinanti, le quali, una ad una, dovettero piegarsi al dominio di questi guerrieri formidabili.
La capitale azteca era Tenochtitlàn, una specie di “Venezia” in mezzo alla giungla, poiché sorgeva in mezzo al lago Texoco ed era attraversata da canali e fiumiciattoli melmosi.
I formidabili guerrieri aztechi non avevano paura di morire in combattimento (anzi ciò era un segno d’onore!), e dunque in pochi furono in grado di contrastare la loro avanzata.
SOCIETÀ E TRADIZIONI
Così come i Maya, gli Aztechi accompagnavano a capanne e palafitte di legno la costruzione di immense piramidi di pietra, il cui scopo era quello di ospitare gli importanti rituali propiziatori dei sacerdoti.
Queste città dall’aspetto imponente si ergevano su acquitrini o in mezzo alla foresta pluviale, e proprio questa conformazione del territorio impedì all’impero Azteco di reggersi sotto un governo centrale e diretto (come invece accadeva in Europa), ma di svilupparsi piuttosto con grandi centri abitati semi-indipendenti (tipo città-stato) che intrecciarono una rete di tributi e invio di ostaggi da parte degli insediamenti sottomessi.
Come quasi tutte le civiltà antiche, le classi sociali erano divisi tra nobili, che guidavano gli eserciti e riscuotevano le tasse, i sacerdoti, i contadini e gli schiavi.
LA PELOTA, LO SPORT DEI MEXICA!
Anche se soldati e governanti spietati, gli Aztechi sapevano divertirsi!
Oltre alla composizione di poesie e canzoni infatti, essi si intrattenevano con uno sport a metà tra il calcio, la pallavolo e il basket chiamato pelota: questi consisteva in una competizione tra due squadre che, passandosi una piccola palla di gomma, dovevano farla passare attraverso un anello ai lati del campo.
Non è chiaro con quali parte del corpo fosse permesso toccare il pallone (si pensa alle anche!), ma sappiamo che questo gioco era molto importante per gli Aztechi, tanto che la squadra perdente, rischiava spesso di fare una brutta fine…
LA RELIGIONE
La brutalità del mondo azteco può essere ricondotta alla visione del mondo molto cruenta che essi avevamo del mondo.
Accanto al culto di Quetzalcoatl, il Serpente Piumato creatore dell’umanità che un giorno sarebbe ritornato sulla Terra, gli Aztechi coltivavano anche una concezione piuttosto “catastrofica” della realtà, poiché pensavano che ogni era fosse fatta da 52 anni, e allo scadere di essi, il mondo venisse ciclicamente distrutto e poi ricreato dal nulla.
La paura costante della fine del mondo, spingeva gli aztechi ad una ossessiva ricerca del consenso delle divinità, le quali però, a differenza delle altre religioni, erano anch’esse mortali!
Secondo la tradizione infatti, gli antichi dei si erano gettati nel fuoco per far sì che il Sole, fonte di ogni vita, non si spegnesse!
I sacerdoti aztechi allora rinnovavano ogni volta questo gesto eseguendo terribili sacrifici umani: i poveri schiavi che venivano catturati o mandati come ostaggi dai nemici sconfitti, venivano infatti mandati in cima alle piramidi delle città e lì venivano giustiziati dai sacerdoti per far sì che il loro sangue alimentasse il Sole.
LA CADUTA
Alla fine, la tanto temuta catastrofe arrivò, benché non avvenne per mano di terremoti o alluvioni.
Nel Cinquecento infatti, i Conquistadores spagnoli, entrarono in contatto con questa civiltà durante le loro esplorazioni del Nuovo Mondo.
L’ultimo imperatore, Montezuma, si trovò ad affrontare un nemico molto meno numeroso (erano poco più di 500 uomini), ma le cui armature di ferro, i fucili e i cavalli, provocavano un estremo timore negli indigeni, i quali non conoscevano una tale tecnologia e pensavano di avere a che fare con demoni giunti dal mare.
Nel 1521, in solo due anni. il generale dei conquistadores, Hernán Cortés, distrusse il secolare impero azteco, sterminando quasi la totalità della popolazione non solo con la forza, ma anche con le malattie importate dall’Europa contro cui i nativi non avevano alcuna difesa immunitaria.
LA VENDETTA DI MONTEZUMA
Anche gli invasori spagnoli però non erano abituati al clima e ai virus tropicali.
Grandi epidemie colpirono quindi gli europei che, impotenti, pensavano di avere a che fare con una maledizione lanciata da Montezuma per vendicarsi della sconfitta.
Anche al girono d’oggi, quando in Messico qualche turista poco attento mangia o beve qualcosa di esotico che gli provoca violenti scompensi fisici si parla della temibile “vendetta di Montezuma”!
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