Leggendo il nome di Rosalind Franklin, probabilmente la prima cosa che si ricorda è la storia di una grande scoperta e di una profonda ingiustizia. Stiamo parlando degli eventi accaduti a partire da quella sua famosa foto 51, scattata nel 1952, in cui era finalmente visibile la struttura a doppia elica del DNA, e che permise finalmente agli scienziati dell’epoca di svelare il grande mistero della duplicazione del DNA. Per molto tempo, il merito di Rosalind Franklin rimase sconosciuto o ignorato, perché il suo contributo, per quanto cruciale, fu messo in secondo piano rispetto al lavoro di James Watson e Francis Crick, nonostante costoro fossero giunti alle loro conclusioni proprio grazie alla foto 51, di cui entrarono in possesso senza che Franklin ne venisse mai a conoscenza.
Si tratta di un’amara vicenda che testimonia certamente le continue ingiustizie e discriminazioni che dovevano (e devono ancora) subire le donne decise a perseguire la carriera scientifica, continuamente svantaggiate e sminuite nonostante le loro capacità.
È vero dunque che Rosalind Franklin non ottenne il successo che meritava per la scoperta della struttura a doppia elica del DNA, ma probabilmente le verrebbe fatto un altro torto se venisse ricordata solo per questo.
Per questo motivo, a 100 anni dalla sua nascita, ricordiamo anche il resto della sua breve ma proficua carriera e gli importanti traguardi che raggiunse in diverse aree della fisica e della biologia, grazie alla cristallografia a raggi X.
Rosalind Franklin ottenne diversi risultati rilevanti nella scienza del carbonio e del carbone. La sua tesi di dottorato, infatti, riguardava l’analisi della composizione, della densità e della porosità del carbone, allora fondamentale per il riscaldamento delle case e per l’alimentazione delle industrie. Con il suo lavoro, Franklin capì che era possibile farlo bruciare in modo più efficiente, e le sue analisi sulla porosità di questo combustibile fossile furono anche determinanti nella fabbricazione delle maschere antigas con filtri di carbone attivo, dispositivi particolarmente preziosi durante la seconda guerra mondiale.
Furono proprio i suoi studi sul carbone a far crescere, inizialmente, la sua reputazione. Accettò infatti un lavoro al Laboratoire Central des Services Chimique de L’Etat a Parigi.
Durante il suo soggiorno in Francia, Franklin ebbe modo non solo di apprendere le tecniche di cristallografia a raggi X, ma si trovò immersa anche in un contesto diverso da quello nel quale era stata immersa fino a quel momento.
Fin dai tempi della scuola, infatti, Franklin aveva sempre dovuto difendere il suo talento per il solo fatto di essere una donna. Veniva spesso descritta come irascibile e pedante, a cominciare dai suoi professori. Nelle molte lettere che la donna scrisse nel corso della sua vita, traspare sì la sua indole decisa e testarda, ma vengono anche riportati i motivi delle sue liti con superiori e colleghi, dovuti al fatto che le sue idee e il suo lavoro non venivano mai presi sul serio in un ambiente lavorativo molto maschililsta.
In Francia, al contrario, Franklin conobbe uno stile di vita diverso e visse degli anni particolarmente felici. Come racconta nelle sue lettere, infatti, dopo aver pranzato con i colleghi del laboratorio, trascorreva del tempo assieme a loro nei caffè a discutere di ogni argomento e a godere del piacere di essere ascoltata. Erano gli anni di Simone de Beauvoir e di Édith Piaf, in cui le donne potevano fumare in pubblico e parlare con una certa libertà.
Gli anni che Franklin dedicò allo studio del carbone in Francia le permisero anche di pubblicare degli articoli sulla prestigiosa rivista Acta Crystallographica. Il suo contributo più importante sull’argomento fu la distinzione di due strutture molecolari nel carbonio derivato dalla combustione del carbone: scoperta che si rivelò determinante per la comprensione dei motivi per cui il coke, uno dei prodotti di tale combustione, brucia bene e produce poco fumo.
Quando, su pressione della madre, decise di tornare a Londra, trascorse alcuni anni al King’s college, dove i rapporti con i suoi colleghi erano ben diversi. La sua nomea era quella di una donna bisbetica e sciatta, il cui lavoro veniva notato, ma mai adeguatamente riconosciuto, come testimonia anche la descrizione che Watson fece di lei nel suo libro La doppia elica.
In quegli anni, erano molti i fisici che si stavano convertendo alla biologia. La guerra, infatti, aveva portato davanti ai loro occhi la potenza distruttiva della loro materia di studio, se utilizzata per scopi militari. Tra costoro c’era Morris Wilkins, il capo di Franklin, che le chiese di imparare la biologia e di applicare le sue abilità nella cristallografia a raggi X allo studio del DNA.
Lei non se lo aspettava, dopo tutto era laureata in chimica fisica. Nonostante questo, riuscì a eccellere anche in quel nuovo ambito di ricerca, e il suo duro lavoro le permise di scattare la famosa fotografia 51, in cui era possibile vedere la struttura a doppia elica del DNA.
La scelta di lasciare il King’s college fu probabilmente dovuta all’esasperazione di dover vivere in un ambiente insostenibile dal punto di vista dei rapporti umani, ma fu l’inizio di una nuova grande avventura: a partire dal 1953, Franklin trascorse infatti 5 anni al Birkbeck college di Londra, dove si dedicò allo studio della struttura cristallina di alcuni virus, sfruttando la sua abilità nella fotografia a raggi X e pubblicando le sue scoperte.
Franklin si dedicò allo studio della struttura di virus che attaccavano le piante, danneggiando le principali colture agricole, come la patata, il pomodoro, il pisello e la rapa, e causando di conseguenza gravi ripercussioni economiche. In particolare, fu in grado di determinare la struttura dell’RNA del virus TMV, responsabile della distruzione delle colture di tabacco. Fu grazie a lei che si ottennero finalmente immagini dettagliate della struttura di questo virus, la comprensione della quale fu utilizzata per altri studi nell’ambito della biologia molecolare.
Negli ultimi anni della sua carriera e della sua vita, Franklin si cimentò nello studio del virus che causava la poliomielite, avendo notato la somiglianza della sua struttura con quella del mosaico giallo della rapa. Scoprì infatti che il poliovirus, causa di una malattia che in quegli anni era drammaticamente presente e contagiosa, ha una struttura a spirale, a forma di cilindro cavo.
Purtroppo Franklin non visse abbastanza per vedere pubblicati i risultati dello studio sul poliovirus, che furono pubblicati l’anno dopo la sua morte, dovuta alle conseguenze di un tumore ovarico. Poiché il premio Nobel è un riconoscimento che non può essere conferito postumo, fu solo Aaron Klug, uno dei suoi collaboratori (il quale aveva anche ottenuto insieme a lei una prestigiosa borsa di studio dal National Institutes of Health), a ricevere quello per la chimica nel 1982. Furono infatti lui e John Finch a illustrare i risultati della ricerca sul poliovirus e a dedicarla alla memoria di Rosalind Franklin.
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