La giornata internazionale delle foreste ci ricorda ogni anno i benefici immensi da esse arrecati alla vita sul pianeta e alla conservazione della natura. Le foreste forniscono cibo, acqua, medicine ed altre materie. Il manto arboreo è efficace regolatore del clima, dei gas atmosferici e miglior difesa contro i fenomeni erosivi ed i dissesti idrogeologici. Le aree forestali forniscono anche benefici di tipo immateriale come l’arricchimento spirituale, lo sviluppo cognitivo, le attività ricreative ed il mantenimento di culture e di tradizioni dei popoli che da secoli in esse vivono e ne sono solerti custodi.
Le foreste coprono circa un terzo della superficie terrestre del pianeta e oltre 1, 6 miliardi di persone, tra le quali circa 2000 popoli indigeni traggono linfa e sostentamento dal patrimonio immenso di biodiversità costituito dalle migliaia di specie animali e vegetali conservate e del quale soltanto una parte e’ stato censito.
Malgrado gli immensi benefici ambientali, economici, sociali e culturali, non si attenua la pressione della deforestazione alimentata dalla crescita demografica, da interessi economici dominanti a livello globale e dalla diffusione di stili insostenibili di vita e di consumo.
A farne le spese sono in particolare i meravigliosi polmoni verdi esistenti in Amazzonia, nel bacino del fiume Congo e nel Sud Est asiatico. Ma le attività antropiche legali ed illecite che siano non risparmiano nemmeno foreste primarie ed aree protette in Europa, Italia compresa, oggetto di attacchi portati con ruspe ed incendi dolosi da gruppi criminali e mafiosi. Oltre 12 milioni di ettari di foreste vanno così distrutte ogni anno per far posto ad allevamenti intensivi e alla produzione non sostenibile di legname, cellulosa e altre risorse del suolo e del sottosuolo. Oltre ai seri danni causati all’uomo e alla natura, la riduzione dissennata delle superfici arboree produce un notevole aumento delle emissioni di gas serra, contribuendo in maniera significativa all’aumento del surriscaldamento globale.
Malgrado le denunce e le proteste accorate dei popoli indigeni e dei movimenti ambientalisti e gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici e sulla biodiversità, milioni di alberi vengono distrutti a ritmo frenetico e molto resta ancora da fare per fermare lo scempio delle foreste e le violenze ed i soprusi contro i popoli indigeni e gli attivisti che oppongono resistenza.
Dalle strade e dalle piazze la lotta per la salvaguardia dell’ambiente si stà trasferendo nelle aule dei tribunali a seguito di azioni legali intentate da singole persone o gruppi per ottenere risarcimenti per i danni provocati alla salute dall’inquinamento dell’aria o dall’immissione nell’ambiente di apparecchiature e sostanze pericolose.
Per quanto sia comprensibile il desiderio di ottenere giustizia per i danni provocati alla salute umana, tali azioni non possono svolgere un ruolo di supplenza della politica, che è l’unica in grado di conciliare l ’interesse pubblico con le spinte verso la crescita economica, l’equità sociale e la salvaguardia dell’ambiente. Le azioni legali possono però sollecitare l’introduzione di norme più pervasive e cogenti in materia di protezione ambientale. Un diritto internazionale per la tutela dell’ambiente senza la volontà degli Stati disposti ad associarsi e a vincolarsi a norme basilari di condotta rischia infatti di ridursi ad un insieme di dichiarazioni di intenti e di azioni volontarie relegate entro dinamiche negoziali ed intergovernative di scarsa efficacia.
Significativi progressi in materia di tutela internazionale dell’ambiente si sono peraltro ottenuti in seno all’Unione Europea grazie al forte livello di integrazione degli Stati che facilita la prevalenza dell’interesse generale su quello dei Paesi singoli e il rispetto delle norme tramite il ricorso a vari incentivi e sanzioni.
Occorre quindi introdurre nel diritto internazionale il concetto di crimine contro l’ambiente, al pari di quanto avvenuto per i crimini di guerra e contro l’umanità.
Quest’ultimi sono stati da tempo codificati e hanno portato alla creazione di tribunali ad hoc non permanenti, come quelli istituiti per giudicare i responsabili dei crimini commessi durante i conflitti armati nella ex Jugoslavia tra il 1991 e il 2001 e del genocidio in Rwanda del 1994.
La perseguibilità permanente dei crimini più gravi di rilevanza internazionale è stata affidata alla Corte Penale internazionale dell’Aia, prima giurisdizione internazionale competente a giudicare individui responsabili degli atti predetti. La Corte, istituita a seguito dello Statuto e dell’Atto Finale approvati a Roma nel 1998, può essere considerata una pietra miliare nel contesto della lotta globale all’impunità e fornire ispirazione per un analogo tribunale per i crimini contro l’ambiente.
La creazione di detto tribunale potrà auspicabilmente prevenire e sanzionare i reati più gravi commessi contro l’ambiente naturale e fornire un valido contributo al superamento del clima di impunità ruotante intorno alla deforestazione selvaggia e alle violenze ed altri soprusi commessi contro i popoli indigeni e gli attivisti che li difendono.
Solo così potremo evitare di soccombere insieme alle foreste per effetto di cambiamenti climatici e pandemie ed aiutare Minolito, personaggio del libro”Inferno verde” del norvegese Gert Nygardshaug. Il romanzo racconta la vita di un bambino innamorato della foresta amazzonica e della sua lotta per salvarla. L’autore fa ’capire con straordinaria lucidità come il benessere dell’emisfero ricco del pianeta sia ottenuto a scapito dei popoli indigeni e dei poveri dell’emisfero Sud e dei colpi devastanti inferti alla natura. Egli sottolinea che i vantaggi dell’assalto contro la foresta amazzonica sono destinati a durare poco e preludono alla desertificazione dei territori e alla creazione dei nuove povertà umane e naturali.
Buona giornata delle foreste, Minolito, gli amici della natura sono con te!
Leonardo Baroncelli
Membro Commissione arbitrale di NFI