Tra circa quattro settimane Parigi ospiterà la 21ma sessione annuale della Conferenza delle Parti(COP21)firmatarie della Convenzione delle Nazioni Unite del 1992 sui Cambiamenti Climatici. Obiettivo prioritario della Convenzione e’ di mantenere il surriscaldamento della temperatura terrestre entro la soglia fatidica dei 2 gradi centigradi.
Dopo i risultati deludenti dell’Accordo di Kyoto del 1997, la Conferenza di Parigi punta al raggiungimento di un’intesa vincolante ed universale in grado di invertire la tendenza all’aumento delle emissioni di gas serra. Se tale obiettivo sarà raggiunto, i Paesi del pianeta avranno concordato per la prima volta un piano vincolante di misure e di interventi globali per la salvaguardia del clima.
In vista della riunione parigina le Nazioni Unite hanno predisposto e sottoposto agli Stati membri un progetto di accordo contenente 26 articoli che fungerà da base di partenza per la tornata negoziale prevista a Bonn dal 19 al 23 di questo mese. Ciò al fine di appianare le divergenze e di giungere alla COP21 con un progetto di accordo per quanto possibile ben delineato.
Peccato che di norma le cose non vanno così e che con ogni probabilità il vero negoziato si svolgerà dal primo all’ultimo giorno della Conferenza e forse anche oltre.
Le trattative centrali potranno incentrarsi sulle misure per mitigare l’impatto delle emissioni di carbonio e su quelle per aumentare, tramite la fornitura di risorse tecniche e finanziarie, le capacità dei Paesi in via di sviluppo, per lo più africani, di fronteggiare gli effetti perversi di cambiamenti climatici dei quali portano poche responsabilità.
Il testo in discussione non contiene peraltro riferimenti al ruolo delle foreste nel contrasto del degrado climatico e questa notevole lacuna potrà auspicabilmente essere colmata durante i negoziati.
Le esperienze effettuate nel precedente ventennio di trattative sul clima in sede Nazioni Unite alimentano i timori che l’esito finale della COP21 non sia all’altezza delle aspettative generali e delle esigenze improcrastinabili di ridurre l’emissioni di carbonio onde evitare il punto di non ritorno.
Occorre quindi una forte pressione della società civile sui negoziatori affinchè raggiungano un “good deal” per l’umanità e non un accordo qualsiasi ,più o meno allineato agli interessi immediati e spesso miopi dei rispettivi governi.
Occorre poi moltiplicare nel dopo conferenza gli sforzi degli attori non statali, come società civile, autonomie e comunità locali, associazioni di categorie e centri di istruzione e formazione per aumentare la consapevolezza ecologica e per creare alleanze trasversali a favore della qualità della vita umana e della protezione dell’ambiente naturale.
In tale prospettiva ben si inserisce la proposta INF per un Fondo destinato per la salvaguardia del clima,in particolare nel continente africano. Per invertire le attuali tendenze umane all’autodistruzione e per consegnare un pianeta in ordine alle future generazioni alle parole devono seguire i fatti da parte di noi tutti”
Leonardo Baroncelli