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Ecovillaggio in Val di Ledro

UN MODO PER RICONNETERSI CON LA NATURA E LA COMUNITA’

Premessa

Oggi è sempre più importante sviluppare azioni concrete che consentano all’architettura, alle pratiche di produzione di energia, alle attività antropiche di riconnettersi con la natura. L’urgenza diventa quasi di natura emergenziale quando ci si riferisce ad aree rurali di particolare valore ambientale e storico-culturale. Aree che possiamo definire fragili perché, in assenza di adeguate politiche di tutela, rischierebbero nel tempo di perdere le proprie caratteristiche storiche-ambientali e culturali di pregio. Ci riferiamo, nello specifico, alla Valle di Ledro, il cui territorio presenta, come vedremo in seguito, elementi di unicità e pregio tali da inserirlo all’interno di importanti riconoscimenti quali Riserva della biosfera Sito Unesco MAB.

Non risulta a nostro avviso sufficiente ai fini di una intelligente azione di salvaguardia del territorio il “solo” riconoscimento istituzionale ma è necessario sviluppare iniziative che attivino una costante progettualità territoriale che si muova su più fronti quali  la tutela ambientale, la riattivazione di pratiche di coltivazione-produzione connotate da forti elementi di  biodiversità , la messa in atto di esperienze che consentano alle nuove generazioni di rimanere ancorate al territorio pur con una visione globale.

Si tratta a nostro avviso di individuare e tentare soluzioni coraggiose di riconnessione con la natura su un piano sociale, architettonico, olistico, economico e anche spirituale.

In questa cornice si colloca la presente proposta di Ecovillaggio connotata sia sul profilo della pratica di costruzione in bioedilizia con elementi di progettazione bioclimatica, sia dal punto di vista sociale quale testimonianza di un modello dell’abitare in comunità eco-sostenibili, pacifiche, ove la condivisione diventa la cifra delle relazioni tra le persone.

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IL TERRITORIO COMUNALE DEL COMUNE DI LEDRO

Per dare una idea del territorio in questione abbiamo ritenuto opportuno riprendere alcune delle innumerevoli presentazioni del territorio, in particolare ci siamo riferiti alla dichiarazione ambientale del comune di Ledro redatta ai sensi del reg. CE 1221/2009 EMAS, ed alle descrizioni presenti sul sito della Rete di Riserve (http://www.reteriservealpiledrensi.tn.it/pagina.php?id=29 )

La Valle di Ledro è un piccolo lembo di territorio alpino all’estremità sud-occidentale del Trentino, fra il Garda e il lago d’Idro. È una valle atipica dal punto di vista geografico, perché priva della testata a monte e dello sbocco in pianura a valle. In conseguenza delle vicende glaciali che hanno interessato la regione, la valle è rimasta pensile alle due estremità, dove le acque superficiali devono superare il forte dislivello con importanti perdite di quota.
L’intero sviluppo della valle è rappresentato da una sella pianeggiante, ai cui estremi vi sono le porte d’ingresso nella valle, rispettivamente dal Garda e dal Chiese.

L’articolata morfologia della Valle di Ledro fa sì che il clima non sia omogeneo. Elementi differenziatori sono l’altimetria, l’orientamento e quindi l’insolazione, l’influenza del lago di Garda e quella del lago di Ledro. Si possono così distinguere tre zone climatiche. La prima comprende il tratto orientale della valle e si estende dal Lago di Garda. In questo tratto la valle è profondamente incisa, incassata tra le ripide pareti della forra del torrente Ponale. Parte di questa zona non è illuminata dal sole per tre mesi all’anno. Questo fattore negativo è compensato dall’ effetto termico generato dal Garda. La seconda zona climatica va da Molina a Bezzecca. In questo tratto la valle è più aperta, in gran parte occupata dal lago che fa sentire il suo benefico influsso. Su questa zona ha un’azione negativa la Val Concei dalla quale scendono venti freddi provenienti dalle cime più alte di tutta la valle. La terza zona, con clima più rigido comprende la Val Concei, Tiarno di Sotto, Tiarno di Sopra e la Val d’Ampola. In estate, nella valle soffia dal Garda la brezza di lago chiamata “òra” dalle 9 alle 17 mentre dalle 19 alle 7 antimeridiane soffia in senso contrario la brezza di terra. La valle è divisa in due bacini: l’orientale o lago di Ledro e l’occidentale o laghetto d’Ampola.

Il lago d’Ampola (ex comune di Tiarno di Sopra) e il lago di Ledro sono i principali elementi che riguardo le acque lentiche. La loro origine è da attribuirsi a un un’unica grandiosa vicenda gladio – fluviale durante la glaciazione wurmiana. Il lago d’Ampola, da poco istituito a Biotopo, è collegato ad un’ampia zona paludosa, è attualmente assai poco profondo (profondità media m 1,3). La sua caratteristica principale è quella di essere un bacino lacustre che ha raggiunto uno stadio evolutivo molto avanzato, tanto che lo specchio d’acqua libera è ormai molto ridotto. Possiede dunque più le caratteristiche di un grande stagno che quelle di un vero lago giovane, e questo nonostante i tentativi di “ringiovanimento” operati mediante l’asportazione della vegetazione su parte delle rive attuata ai fini di sfruttamento turistico. Il lago di Ledro si trova tra Molina di Ledro e Pieve di Ledro. La forma del Lago è molto articolata con una larga insenatura in senso S-O e una zona paludosa vicino all’emissario. Le vicende limnologiche del lago di Ledro sono state contrassegnate dal 1928 in poi da interventi radicali che ne hanno profondamente alterato la fisionomia di lago naturale degradandolo al rango di bacino idroelettrico.

 

Cultura e società

Antichi mestieri

Questa sezione si collega in modo diretto al progetto di ecovillaggio, fornendone alcuni interessanti spunti di contestualizzazione storica di pratiche che oggi definiremmo eco-sostenibili. Dalla descrizione che segue si evince come la Valle traesse al proprio interno le risorse per la propria economia, assumendo in alcuni casi un ruolo rilevanti per la qualità delle lavorazioni eseguite.

Quello che le Alpi Ledrensi sono oggi, il carattere dei loro abitanti, il paesaggio che in esse dal fondovalle alle radure alpine, si è evoluto è il risultato di una lunga storia di impegno e di convivenza con una natura speciale e con le sue peculiari risorse. La vita, la cultura e lo spirito della gente di queste valli sa del legno lavorato, della lana e della resistente pietra che fanno di questo un territorio speciale. In un’area così ricca di legname è facile capire che l’industria del legno fu una delle prime a svilupparsi nel territorio, ma non è immediato forse pensare a quale peso abbia avuto la presenza abbondante di acque in questo tipo di industria: più di una dozzina segherie erano in attività in Val di Ledro prima della guerra, segherie particolari dette: veneziane. Funzionavano grazie ad una ruota ad acqua che tagliava i tronchi in assi di vario spessore, il legno della Valle di Ledro è particolarmente duro adatto quindi per ponteggi e costruzioni da lavoro. Non era semplice trovare il posto giusto per la costruzione di questo tipo di segheria: erano indispensabili uno spazio ampio per la deposizione del legname, le rive dovevano essere abbastanza alte da salvare l’edificio da eventuali inondazioni e il corso d’acqua doveva avere un flusso quanto possibile costante. Nella segheria ognuno aveva il suo ruolo: il segòt preparava tutti i materiali, il borer provvedeva al taglio e il caraor caricava la legna sul carro.

Un altro modo di utilizzare il legno era quello di produrre la pece e il pegolòt era il mastro di quest’arte. La pece, potente collante e impermeabilizzante, venne usata negli arsenali veneziani prima e poi nella produzione di scarpe.

El carbonèr abbandonava il fondovalle a marzo per spostarsi in quota a fare il carbone. Le località di produzione erano molto distanti dal centro abitato quindi, con tutta la famiglia, dovevano trasferirsi sul posto di lavoro. Una stagione di lavoro garantiva la sopravvivenza durante gli altri mesi. Partivano con carretti portandosi dietro il paiol per cucinare e pulire e qualche animale come galline e capre. Al resto dell’alimentazione provvedevano il bosco e il piccolo orto vicino alla baracca, messa a disposizione del padrone vicino allo spiazzo del poiàt, la catasta di legno che avrebbe dato origine al carbone.

Non tutti sanno che cappelli e pantofole della Val di Ledro erano famosi per la loro qualità, merito probabilmente dello splendido ambiente frequentato dalle pecore locali. Capeleri e il pantofoleri ledrensi esportavano i loro prodotti in tutta Italia settentrionale. Secondo alcuni la prima fabbrica fu a Prè e a Tirano di sotto raggiunse il maggior sviluppo con il rinomato Cappellificio Fedrigotti. La lana veniva cardata e quindi infeltrita, battuta e ribattuta in vasche d’acqua molto calde per farne in un unico pezzo pantofole che venivano poi colorate di rosso, blu o marrone e abbellite con nastri e pon pon. I berretti invece, destinati alla vita sui monti, rimanevano del colore naturale bianco e nero, famosi e ricercati per la loro caratteristica impermeabilità. Questo tipo di industria speciale andò in disuso, come purtroppo in molti casi, a metà del novecento per la concorrenza con il mercato industriale.

Rocce e lavorazione della dolomite sono una specialità nella Val di Ledro e per dirla tutta sembra che nel 1816 il Pierantonio Cassoni, pur non avendo brevettato, fu il primo al mondo a scoprire come produrre carbonato di magnesio dalla dolomite: la magnesia.

Ma la magnesia non era l’unico prodotto che si cavava dalla pietra: ‘l spizoclì infatti era un mestiere rinomato: l’intagliatore di pietre. Questo tipo di artigiano lavorava enormi blocchi di granito trasformandoli in fontane, colonne, lavatoi, campanili con abilità e perizia, in particolare quelli di Tiarno, che li rese famosi in tutto il territorio.

Agli abbondanti calcari delle Alpi Ledrensi sono associate le calchère, formaci usate per cuocere le pietre calcari e trasformarle in calce viva. La calce era adoperata con molte diverse funzioni come ingrediente per malte e intonaci, per tinteggiature o come disinfettante per ambienti. Sembra che il livello di igiene nelle abitazioni ledrensi fosse particolarmente elevato proprio grazie al metodico uso della calce. Tutti, da queste parti, avevano una fossa con calce spenta in giardino, sempre pronta all’uso.

Non tutta la materia prima però veniva dalla valle, qualcosa era importato, come il ferro, ma nei metodi di lavorazione i locali divennero imbattibili. Nel XVII secolo aprì a Prè la prima ferriera dove venivano prodotti attrezzi e utensili per il lavoro nei campi e nei boschi. A fondarla fu uno dei primi ciuaròi della zona, che aveva appreso l’arte di confezionare le broche (chiodi per le scarpe) nel bresciano e l’aveva importato nelle sue valli. Un’arte che divenne florida in particolare dopo il 1860 quando alcune decine di operai arrivarono dal bresciano insegnando l’arte della produzione delle broche che servirono tanto durante prima quanto la seconda guerra mondiale rifornendo prima l’esercito austroungarico e poi la Vermacht. Una professionalità indispensabile che salvò la vita di molti giovani che, grazie al loro lavoro, riuscirono a non partire per il fronte.

Ancora qualche curiosità: alla fine dell’ ‘800 cominciarono ad affermarsi proprio in questa zona le prime associazioni cooperativistiche di professionisti e finanziarie anche grazie all’intraprendente opera di alcuni “don” locali fra cui don Guetti, famoso per aver fondato la prima cooperativa di smercio e consumo, a cui prenderanno l’avvio le casse rurali e la fiorente cooperazione trentina. Al Mulino Bertolotti di Tiarno nel 1880 si frantumava corteccia di abete usata per la concia delle pelli esportate. La polvere, si scoprì in seguito, avere proprietà estetiche e venne impiegata per la produzione di borotalco. Pare che il primo francobollo del mondo sia stampato su carta identificata con quella di Biacesa (1838). Poco sopra Biacesa sul torrente Ponale questa piccola cartiera fabbricò carta per un secolo dal legno di Legno pioppi, salici, betulle abeti e pini impiegando 10/15 operai. Sul fronte delle coltivazioni storiche della Valle sarebbe necessario un capitolo a parte, in questa sede è importante richiamare all’attenzione la grande varietà di sementi coltivate. Quella che oggi chiameremmo biodiversità agricola, una pratica caratterizzata da una elevata varietà genetica. A titolo di riferimento riportiamo un documento del 1919 estrapolato dal registro del Consorzio Agrario di Ledro, diretto allora dall’entomologo Costantino Rigaba.

Flora e fauna

Varietà naturale delle Alpi Ledrensi

Se c’è una caratteristica che distingue bene il territorio della Rete di Riserve delle Alpi Ledrensi quella è di certo la varietà. Qualità che le deriva tanto dalla particolare posizione geografica, che si traduce in un’ampia serie di condizioni climatiche differenti, tanto dalla storia idrico-geologica che ne ha modellato dettagliatamente paesaggi e biodiversità. Naturalmente questa varietà di fattori climatici e storico – geologici non poteva che riflettersi in una composizione vegetale complessa che dalle odorose, mediterranee piante della riviera gardesana, sale verso le praterie d’alta quota passando attraverso faggete, peccete e mughete.

Non solo la storia delle glaciazioni qui ha anche lasciato tracce particolarmente preziose, come i numerosi endemismi vegetali, ovvero piante che crescono unicamente in questa zona, che fanno di questa zona una meta internazionale di pellegrinaggio botanico. Molte specie vegetali e animali, sono state spinte dal nord Europa in questa parte meridionale delle Alpi dall’espansione dei ghiacci, e qui sono rimaste, con il nome di relitti glaciali. Guglie rocciose, zone umide come il Lago d’Ampola, forre e rive dei torrenti di fondovalle. Ogni diverso ambiente si riflette in una natura vegetale distinta e caratterizzante.

E come potrete ben immaginare, a un mosaico differenziato come quello vegetale, che offre risorse e nicchie molto differenti, dai prati di altura alle fitte foreste di abeti, non può che far eco una fauna ricca e composita. Dall’orso agli invertebrati, questo territorio vanta una fauna di tutto rispetto. Numerosi e facili da osservare sono gli ungulati: dal capriolo ai camosci delle zone più alte passando per i cervi delle foreste e da qualche anno anche il cinghiale, specie esotica per la regione. Ma c’è un particolare che rende il territorio particolarmente pregiato dal punto di vista faunistico. Si tratta infatti di una delle zone di passaggio per il flusso migratorio degli uccelli, da sud verso nord e viceversa. Diversi sono i valichi attraverso cui, da fine agosto a ottobre, è possibile osservare il transito, diurno e notturno di moltissime specie.

 

Ecovillaggio come visione utopica

E’ molto complesso poter dare una definizione corretta e univoca di ecovillaggio: si può infatti facilmente affermare, per la pluralità di realtà esistenti e la moltitudine delle differenze riscontrabili tra esse, che non esiste una definizione standardizzata ed univoca del termine, tuttavia, nel modo più generale, un ecovillaggio potrebbe essere individuato come:

Insediamento, microsocietà a dimensione d’uomo in cui le attività umane sono integrate in modo non dannoso al mondo naturale; centro abitato moderno dove l’uomo vive in armonia e cooperazione con la natura, sperimentando nuove tecnologie e nuove abilità per creare un modo di vivere più sostenibile, e pacifico[1].

Alcuni affermano che gli ecovillaggi sono soltanto una delle ultime visioni utopiche, dopo una lunga serie nel corso della storia, che riguarda il modo, pratico e concettuale, di vivere e concepire la vita; un sogno non realizzabile nell’epoca contemporanea e una forzatura della sua organizzazione sociale. Per questa ragione l’iniziativa che ci vede promotori, come associazione Ledro Inselberg, di stimolo alla realizzazione di una o più esperienze di ecovillaggio, si inserisce in una ampia progettualità partita nel 2017 con il progetto “ La tutela dell’ambiente: un testimone da passare tra generazioni” che ha visto la partecipazione di un ampio numero di giovani della Valle di Ledro sui temi ambientali. Il progetto Ledropia, pensare l’impossibile sarà il contenitore nel quale nei prossimi anni svilupperemo esperienze, confronti d’idee anche con giovani d’Europa, momenti di formazione tra cui, appunto, il sogno/utopia di Ecovillaggio.

Un percorso non facile né breve, si tratta infatti di stimolare la crescita di una comunità intenzionale e sostenibile basata su valori di natura etica, spirituale, ecologica, sociale o un insieme tra tutti questi aspetti, ma tutti caratterizzati da una scelta consapevole indirizzata alla sostenibilità dal punto di vista ecologico, sociale, economico e culturale. Siamo tuttavia convinti, e ne abbiamo le fattive testimonianze, che si tratti di una Utopia concreta, una di quelle azioni/sogni con forte valore aggregante e fondamentale significato etico ambientale. All’ecovillaggio stiamo ipotizzando di dare una organizzazione multisettoriale, si tratta infatti di attivare più ambiti di intervento che possiamo sintetizzare in:

Settore coltivazione

Settore trasformazione

Settore ristorazione

Settore accoglienza

Ciascuno dei settori contribuirà poi allo sviluppo del Settore pratiche naturale per il benessere individuale

Con la puntuale e condivisa progettazione dell’ecovillaggio, nel tempo andremo a declinare ciascuno dei settori, in questa fase riteniamo aperto ogni confronto.

Gli aspetti rilevanti del progetto

  • È lungimirante perché, come abbiamo scritto in precedenza, riconnette l’uomo alla natura in una dimensione non eco- chic ma con un profilo che coniuga sostenibilità, economia, socialità;
  • E’ una proposta per un luogo dove vivere, lavorare, un luogo che diventi esperienza pilota anche per altri contesti territoriali Trentini ed Europei, quindi anche un luogo da visitare;
  • Guarda al passato nel riattivare coltivazioni storiche ormai scomparse, attivando una biodiversità agricola fondamentale per un robusto ecosistema agricolo, ma allo stesso tempo è proiettato nel futuro per dare alla Valle prodotti a filiera corta con un marchio del territorio.
  • Guarda al futuro per dare possibilità a giovani di credere nelle proprie utopie concrete e di metterle in pratica sostenuti da una comunità di adulti che vedranno in loro il testimone da passare per un mondo migliore.

Cosa chiediamo?

Come abbiamo cercato di descrivere nei punti precedenti, il progetto ha come obiettivo di partenza la formazione di un gruppo di giovani ed anche meno giovani, che scelgano di percorrere insieme il percorso che li porterà a condividere uno spazio abitativo comune.
Su questo nucleo si attiverà l’iniziativa di riattivazione di coltivazioni antiche, grano saraceno, segale, orco, canapa, miglio, un tempo diffuse nella Valle di Ledro. Chiaramente oltre alla coltivazione si completeranno anche le attività di trasformazione dei prodotti e la loro commercializzazione. Per fare ciò chiediamo a chi voglia sostenere il progetto:

1) La più ampia diffusione all’interno dei propri gruppi, rendendosi disponibili ad incontri di approfondimento con la nostra associazione;
2) Nell’auspicabile situazione nella quale il progetto risulti di grande interesse, la collaborazione attiva alla messa in atto del progetto stesso, apportando propri contributi e proposte migliorative;
3) L’individuazione di giovani ed anche meno giovani a cui sottoporre il progetto con l’intento di contribuire alla formazione del nucleo di partenza.

Ci preme specificare che la riuscita dal progetto dipende da una serie di fattori tra i quali, di rilevante importanza, è la disponibilità della “comunità degli adulti” a sostenerla fattivamente.

 

Un ultimo spunto

Concludiamo questa breve presentazione con queste considerazioni presenti nel manifesto di Rive la Rete degli Ecovillaggi in Italia

La Rete Italiana dei Villaggi Ecologici ritiene che le esperienze di vita comunitaria,
ciascuna con il proprio carisma, siano laboratori di forme genuine di
esistenza […] che rifiutano il consumo incontrollato del territorio e delle risorse
naturali per assumere comportamenti consapevoli tendenti alla riduzione
dell’impronta ecologica, a partire dal proprio vivere quotidiano..”

Non secondaria è la forte connessione con numerosi obiettivi SDGs

Ciao! ????

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