In Brasile la situazione sanitaria dovuta alla pandemia è davvero drammatica: dall’inizio del 2021 i morti hanno costantemente superato le mille persone al giorno. È facile capire che la mancanza di una strategia di contenimento è ancora più grave nelle aree meno attrezzate di strutture sanitarie come la regione amazzonica dove le comunità indigene sono esposte al contagio portato da chi è illegalmente presente nella regione per sfruttarne le risorse .
Molte comunità indigene, non ricevendo risposte alle richieste rivolte al governo sulle misure da adottare per difendersi dalla pandemia, si sono rivolte alla Corte Suprema che ha dato loro ragione costringendo il governo ad organizzare strutture mediche nei territori indigeni, presentare piani per allontanare gli occupanti illegali e creare barriere sanitarie che impediscono agli estranei di entrare nei villaggi indigeni. Questo grido è arrivato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 26 febbraio (l’udienza si chiuderà il 22 marzo), dimostrando alla comunità internazionale che il governo brasiliano non ha adottato misure efficaci per affrontare la pandemia covid-19, a differenza di quanto dichiarato.
In questa cornice la morte dell’ultimo uomo degli indigeni Juma, il guerriero Amoim Aruká, per complicazioni del Covid-19, è straziante. Il popolo Juma ha subito numerosi massacri nel corso della sua storia. Da 15.000 persone all’inizio del XX secolo, è stato ridotto a cinque persone nel 2002. Un genocidio provato, ma mai punito, che ha portato la sua gente quasi allo sterminio completo. L’ultimo massacro avvenne nel 1964 sul fiume Assuan, nel bacino del fiume Purus, perpetrato dai commercianti della città di Tapauá interessati al sorgo e alla castagna nel territorio di Juma. Nel massacro furono uccise più di 60 persone, solo sette sopravvissero. I membri del gruppo di sterminio assunto dai mercanti hanno riferito di aver sparato al popolo di Juma come se sparassero alle scimmie e pezzi del corpo della vittima sono stati visti da altre persone tradizionali (ribeirinhos) mangiati dai pecaris (cinghiali) o lasciati sul suolo della foresta. L’ideatore del crimine, consapevole di ciò che era accaduto, si vantava di essere responsabile dell’eliminazione della “città di Tapauá da queste bestie feroci”. Questa storia non deve mai essere dimenticata.
Leggi l’articolo originale https://apiboficial.org/2021/02/18/the-devastating-and-irreparable-death-of-aruka-juma/?lang=en
Fonti
Coordination of Indigenous Organizations in the Brazilian Amazon (COIAB)
Articulation of Indigenous Peoples of Brazil (APIB)
Opi – Observatory of Human Rights of Isolated Indigenous Peoples and of Recent Contact
#emergênciaindígena
#indigenousemergency
Englis version
In Brazil, the health situation due to the pandemic is truly dramatic: since the beginning of 2021, deaths have constantly exceeded a thousand people per day. It is easy to understand that the lack of a containment strategy is even more serious in the less equipped areas of health facilities such as the Amazon region where indigenous communities are exposed to contagion brought by those who are illegally present in the region to exploit its resources.
Many indigenous communities, not receiving responses to requests addressed to the government on measures to be taken to defend themselves from the pandemic, turned to the Supreme Court which proved them right by forcing the government to organize medical facilities in indigenous territories, to present plans for removal illegal occupants and create health barriers that prevent outsiders from entering villages. This cry came to the UN human rights council, on February 26 (the hearing will close on 22nd March), demonstrating to the international community that the Brazilian government has not taken effective measures to tackle the covid-19 pandemic, unlike what it told.
In this frame the death of the last man of the Juma indigenous people, the warrior Amoim Aruká, by complications from Covid-19, is heartbreaking. The Juma people have suffered numerous massacres throughout their history. From 15,000 people at the beginning of the 20th century, it was reduced to five people in 2002. A proven, but never punished, genocide that led its people almost to complete extermination. The last massacre took place in 1964 on the Aswan River, in the Purus River basin, perpetrated by Tapauá city’s traders interested in the sorghum and chestnut in the Juma territory. In the massacre more than 60 people were murdered, only seven survived. Members of the extermination group hired by the merchants reported shooting at the Juma people as if they were shooting at monkeys and pieces of victim’s bodies were seen by other traditional people (ribeirinhos) eaten by pecaris (wild pigs) or left on the forest floor. The mastermind of the crime, aware of what had happened, boasted that he was responsible for ridding “Tapauá city out of these ferocious beasts”. This story must never be forgotten.
https://apiboficial.org/2021/02/18/the-devastating-and-irreparable-death-of-aruka-juma/?lang=en
Fonti
Coordination of Indigenous Organizations in the Brazilian Amazon (COIAB)
Articulation of Indigenous Peoples of Brazil (APIB)
Opi – Observatory of Human Rights of Isolated Indigenous Peoples and of Recent Contact
#emergênciaindígena
#indigenousemergency