Il 3 maggio 2024 si è svolta nella grande sala polifunzionale del comune di Berzo Demo un’assemblea alla quale hanno partecipato almeno 300 cittadini, il sindaco di Berzo Demo e numerosi sindaci della Valcamonica oltre che del lago d’Iseo. Al coordinamento dell’incontro Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia e invitato speciale il direttore di ARPA Lombardia Cambielli. L’assemblea, fortemente voluta dalle associazioni ambientaliste della valle e del lago d’Iseo aveva all’ordine del giorno la situazione della ex-Selca di Forno d’Allione (una frazione di Berzo Demo). Descrivere quanto accade da quasi vent’anni in quel sito è qualcosa di veramente incredibile e di sconvolgente.

I fatti: in un capannone fatiscente sono stivati 37.000 metri cubi, corrispondenti a 60.000 tonnellate di rifiuti tossici contenenti grandi quantità di fluoruri e cianuri venuti dall’Australia per essere processati al fine di separare gli elementi chimici di interesse industriali ed inertizzare il resto. L’autorizzazione regionale era per 400 metri cubi, come si sia arrivati ad averne 37.000 è un mistero che solo i responsabili politici potrebbero risolvere, sta di fatto che per anni hanno continuato ad arrivare camion dal porto di Trieste e nessuno si è mai accorto di niente. Il fatto più allucinante è che il capannone è in un’ansa del fiume Oglio, a pochi metri dal suo maggior affluente di sponda destra l’Allione e in un’area classificata come a rischio di alluvione catastrofica ricorrente. La falda freatica contiene già una quantità di inquinanti pari a 10 volte il massimo consentito dalla normativa e il percolamento ha raggiunto una distanza di oltre 1.300 metri dalla fonte inquinante.

Negli ultimi dieci anni tutte le associazioni ambientaliste hanno sviluppato un’azione di sensibilizzazione dei cittadini e le amministrazioni pubbliche a tutti i livelli hanno dovuto scontrarsi con le conseguenze del fallimento della ditta Selca, e con l’istituto della Curatela Fallimentare, affidata ad un commercialista che si è limitato ad amministrare i fondi residui e, pur avendone la responsabilità giuridica, non ha mai proceduto ad avviare la bonifica del sito. Nel frattempo la proprietà, incredibilmente, è finita nelle mani di tale Catapano di Caserta in carcere da molti anni. Nell’assemblea ci si è chiesti cosa succederebbe (o cosa succederà visti i fenomeni atmosferici sempre più violenti) se arrivasse un’altra tempesta VAIA come quella che nell’ottobre del 2018 ha devastato il versante sinistro della Valcamonica. Se una parte consistente dei rifiuti tossici finisse nell’Oglio l’inquinamento potrebbe durare decine di anni e raggiungendo il lago d’Iseo distruggerebbe ogni possibilità di fruizione turistica, oltre che, naturalmente, rappresentare un gravissimo rischio di malattie anche tumorali per un bacino di oltre 100.000 cittadini. Si può trattare così Madre Terra?

Italo Bigioli

Presidente della sezione Saviore dell’Adamello degli Amici della Natura

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *