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Le Vie del Sale

Le antiche vie del sale di Volterra e della Val di Cecina

Progetto a cura della Sezione di Volterra non solo di conoscere il raro fenomeno geologico della formazione del sale nell’entroterra toscano che fino al medio evo rappresentava uno dei pochi metodi naturali di conservazione del cibo ma anche di percorrere  a piedi o in bicicletta le antiche Vie di collegamento dei luoghi di estrazione del prezioso minerale (le moje).

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Cenni storici

Volterra, città con oltre 3000 anni di storia documentata da una grande quantità di reperti e testimonianze di epoca Villanoviana, Etrusca, Romana e Medioevale provenienti dal suo ampio territorio offre al visitatore un paesaggio molto spesso selvaggio e rude, caratterizzato da ampie zone boschive intercalate da superfici coltivate attraversate da piccoli ruscelli che raccolgono le acque provenienti dalle precipitazioni meteoriche e dalle sorgenti sparse per confluirle verso i due corsi d’acqua più importanti dell’intera area: i fiumi Cecina ed Era che si gettano rispettivamente nel Mar Tirreno e nel fiume Arno.

Le Balze

Due vallate, quella del Cecina e dell’Era sulle quali si erge imponente la collina di oltre 500 metri costituita da arenarie giallastre intervallate da calcareniti più compatte che si adagiano su un strato sottostante di argille sulle quali sorge la Città Etrusca di Volterra, così ben testimoniato dalla imponente frattura verticale delle Balze. Nelle giornate limpide caratterizzate dalla presenza del vento da Nord denominato Tramontana, non è affatto difficile scorgere come limite dell’orizzonte le vette più alte dell’appennino che costituiscono il confine verso nord della regione Toscana e ruotando lo sguardo in senso antiorario incontrare i profili del massiccio del monte Amiata ed a seguire quelli delle colline metallifere per trovare la rilucente superficie del mar Tirreno delimitata in lontananza delle isole Capraia e Corsica, proseguendo in direzione di Pisa si scorge la sinuosità della costa verso Massa e La Spezia.

 

Veduta dei monti pisani e delle Alpi Apuane

 

Il Mar Tirreno visto da Volterra

Sono molte le testimonianze delle diverse civiltà che hanno popolato l’intera area restituiteci nel corso dei secoli dal territorio, tanto rendere la Città celeberrima per le opere d’arte conservate in quello cittadino ed in altri molti importanti musei regionali e nazionali.
Ma Volterra ha molto da offrire a chi le si avvicina anche dal punto di vista paesaggistico, naturalistico e geologico, ambiti ai quali gli abitanti della zona sono sempre stati legati con profondo amore e rispetto. Un territorio ricchissimo di legname, per le sue estese foreste dove regnano Rovere e Leccio intervallate da ampie radure ad andamento collinare di un colore marcatamente grigio dovuto alla presenza di argille plioceniche costituenti il fondo del Mare Tirreno primordiale che si spingeva con le sue acque per molti chilometri oltre quella che rappresenta l’attuale linea di costa, arrivando a lambire la stessa collina volterrana, così come testimoniato dalla presenza di grandi quantità e varietà di fossili marini e dagli sporadici ritrovamenti di scheletri di grandi cetacei verificatisi durante opere di sbancamento del terreno eseguite in diverse località della zona come ad esempio a Ponsano ma anche le Ripaie ben all’interno del perimetro urbano della stessa città di Volterra.

Colline argillose in prossimità di Saline di Volterra

Ricco anche di minerali di diverso genere, testimoni di un passato di attività geologica estremamente vivace ed interessante. Si può a tale scopo citare la presenza di un filone di rame nativo a Montecatini Val di Cecina sfruttato fino ai primi anni del 1900 mediante una miniera che con le sue gallerie, diventate oggi visitabili, scende per oltre 400 metri nel cuore della montagna.
Verso il confine sud della Val di Cecina, in direzione di Massa Marittima sono ancora individuabili numerose miniere di altri minerali tra i quali argento, blenda e pirite. Mentre immediatamente al piede della collina di Volterra è conosciuta da tempo la presenza di grandi quantità di salgemma localizzato in bacini lenticolari abbastanza estesi con profondità variabile dagli 80 ai 400 metri sfruttati fin dall’antichità ed a livello intensivo a partire dal 1790 anno in cui il Granduca Leopoldo di Toscana dette il benestare alla costruzione del polo industriale delle Saline di Volterra attive ancora oggi.
E’ significativo dare una breve informazione sul perché della presenza di giacimenti sotterranei e su quali siano stati i processi di formazione dei bacini di salgemma in questa area compiendo un balzo indietro nel tempo di circa 5/6 milioni di anni fino a raggiungere un’era geologica denominata Messiniano durante la quale la conformazione geografica della Toscana primordiale e più in generale di tutto il bacino del Mediterraneo era ben diversa da quella attuale.

 

Il Messiniano è l’ultimo dei sei periodi in cui è suddiviso il Miocene ed ha una durata complessiva di circa 1,9 milioni di anni, al suo termine inizia l’epoca del Pliocene. La significatività di questa fase di evoluzione geologica è testimoniata da un evento definito come crisi di salinità dovuta alla chiusura dello stretto di Gibilterra che provocò l’evaporazione quasi totale delle acque del bacino del Mediterraneo con la successiva formazione di estesi depositi di origine evaporitica sugli stessi fondali con consistenze che, in taluni casi, potevano raggiungere i tre chilometri di spessore.

Schema conformazione geologica nel Messiniano

Nell’ultima fase del Messiniano lo spostamento di alcune placche continentali aveva letteralmente chiuso il piccolo canale di scambio tra Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo originando una grande conca prevalentemente asciutta e profonda che in alcuni punti poteva raggiungere anche i 4.000/4.500 metri al di sotto del livello degli oceani.
Come si può ben immaginare a causa del basso apporto idrico complessivo, che non riusciva a compensare l’elevato tasso di evaporazione, il Mediterraneo risultava essere molto più salato rispetto all’Oceano Atlantico. Questa condizione non sarebbe stata però sufficiente a spiegare il grande volume di rocce evaporitiche messiniane presenti nel bacino se in realtà non vi fossero stati numerosi cicli di riempimento ed evaporazione tali da poter giustificare quanto testimoniano le evidenze sul terreno; i fenomeni sopra descritti si sono quindi verificati in una immensa area palustre fortemente salmastra per un periodo di circa 700.000 anni fin tanto che, all’inizio del Pliocene circa 5,4 milioni di anni, la valvola di ingresso delle acque all’interno del Mediterraneo individuata nello stretto di Gibilterra si aprì permanentemente stabilizzando la situazione come ancora oggi la possiamo vedere.

Carote di salgemma

Linea di costa nel periodo messiniano

Ma torniamo alla Val di Cecina, in base agli studi effettuati sui carotaggi provenienti dalle diverse prospezioni effettuate per individuare correttamente l’estensione dei bacini di salgemma da poter sfruttare è stato confermato quanto era emerso dalle indagini effettuate in diverse aree geografiche; immediatamente dopo la completa evaporazione delle acque si verificava una deposizione di sedimenti trasportati dal vento o dalle piogge che concorrevano a separare tra loro i diversi strati.

Oggi sappiamo come la morfologia della linea di costa toscana fosse ben diversa da quella attuale, le acque salmastre si spingevano molto al suo interno con le dinamiche sopra descritte, che venivano amplificate dalla presenza di intensi fenomeni locali di bradisismo.
E’ questa la base per la formazione delle grandi consistenze lenticolari di salgemma variabili nello spessore da pochi centimetri a diversi metri intervallati da strati di argille presenti in Val di Cecina.
Dopo questa premessa risulta più agevole giustificare perché in zone geografiche così lontane dalla linea di costa si trovino numerosi tracciati di antiche vie conosciuti per essere utilizzati per il trasporto del prezioso oro bianco, che portano tuttora il nome di “Vie salaiole” piuttosto che una soltanto come ad esempio e stata la “Via Salaria”; sull’intero territorio erano dislocati numerosi punti di estrazione e prima lavorazione ed il trasporto del prodotto avveniva non soltanto in direzione del capoluogo ma anche verso altre località più o meno vicine.
La conoscenza della presenza e dello sfruttamento del Salgemma in Val di Cecina è testimoniata con certezza fin dall’epoca etrusca e romana in quanto nella vallata dove sorse l’abitato di Saline di Volterra si trovavano numerose sorgenti spontanee di acqua salata che veniva raccolta e fatta evaporare al fine di ottenere la cristallizzazione del cloruro di sodio, prodotto importantissimo per una grande quantità di applicazioni, tra le quali la conservazione degli alimenti.
Volterra deve senza ombra di dubbio una cospicua parte del suo benessere economico alla grande disponibilità di questo prodotto ed è per questo motivo che a fronte della domanda, nel corso dei secoli si ritenne necessario evolvere le tecniche estrattive, produttive, ma anche quelle legate alla commercializzazione e trasporto.

Ottone I di Svevia

E’ nel Medio Evo che si ha il primo tentativo di sfruttamento del salgemma con tecniche “industriali”. Si hanno testimonianze di come lo stesso Ottone I di Svevia ritenesse i maestri salinatori volterrani tra i più specializzati e capaci, tanto da richiederne la presenza nella stessa Svevia al fine di istruire sulla tecnica di costruzione delle caldaie in piombo le maestranze tedesche che qui lavoravano. In effetti la presenza di estese foreste concorse in modo fondamentale alla realizzazione di apparati di evaporazione delle salamoie su larga scala con studi sui materiali da impiegare per ottenere il massimo di resa dalle risorse a disposizione.
Le caldaie in piombo non erano altro che grandi contenitori nei quali si versavano le acque salate e sotto le quali ardeva costantemente il fuoco alimentato con il legname delle vicine foreste che si trovavano in prossimità delle sorgenti spontanee di cui oggi conosciamo ancora i nomi e che sappiamo essercene state almeno 14 molto importanti. Nei secoli delle grandi dispute tra il Vescovo Conte, beneficiario dei privilegi di sfruttamento ottenuti dall’impero, e la nascente realtà del libero Comune il possesso e lo sfruttamento di questa risorsa divenne fondamentale.
L’apice del potere temporale della Chiesa era ormai stato raggiunto ed iniziava il suo declino politico a vantaggio del Comune e delle Signorie comunali che mal ne digerivano le continue ingerenze. Ma ormai era solo questione di tempo, ancora qualche decennio e con la completa ed esclusiva acquisizione dei proventi derivanti dal possesso delle Moje il libero Comune poté dotarsi di una risorsa economica di assoluto rilievo con la quale ricavare importanti disponibilità finanziarie necessarie alla progettazione e successiva realizzazione di un reticolo viario di notevole estensione.
Non erano grandiose come quelle consolari realizzate in epoca romana, ma erano sempre e comunque opere che collegavano le grandi vie del tempo, come ad esempio la Via Francigena, ad un reticolo minore che metteva in comunicazione tra di loro una moltitudine di castelli, borghi e piccoli comunelli rurali che beneficeranno per secoli dei nuovi tracciati.

Disposizione delle ”Moje” presso Saline di Volterra

La migliorata percorrenza del territorio fece sì che si moltiplicassero le carovane di muli e carri che trasportavano sale, ma anche ogni genere di generi di consumo permettendo commerci e scambi ad assoluto ed incontestabile beneficio di aree precedentemente tagliate fuori da qualsiasi forma di contatto esterno. Si moltiplicarono le stazioni dove i beni trasportati potevano essere ricoverati in sicurezza e soprattutto dove si potevano esigere gabelle per il passaggio sulle nuove e scorrevoli salaiole.
Il territorio di Volterra si identifica molto bene con quanto fino ad adesso descritto; nella zona circostante all’attuale insediamento di Saline di Volterra erano conosciute e sfruttate numerose sorgenti spontanee di acqua salata presso le quali erano state realizzate installazioni idonee al contenimento delle caldaie in piombo ed alla produzione del sale.

Priamo Della Quercia: trasporto del sale con i muli

Era da questi luoghi che i muli ed i carri carichi di sacchi contenenti il preziosissimo oro bianco partivano alla volta dei magazzini della città di Volterra oppure verso le altre località alle quali era destinato; tutto questo sempre sotto il controllo di magistrati del Comune o comunque sotto la gestione diretta di Società fiduciarie che poi corrispondevano allo stesso Comune i compensi precedentemente pattuiti.

 

Percorsi delle “Vie Salaiole”

Inizia in questo periodo la capillarizzazione sul territorio dei castelli presso i quali stazionavano soldati e gabellieri che esercitavano il controllo del percorso ed esigevano le tasse per il passaggio; dei centri abitati, dei conventi, di tutti quei luoghi dove viandanti e mercanti potevano trovare ricovero ed eventuale ristoro e che allo stesso tempo esercitavano una funzione di presidio ma anche piccole fonti per abbeverare muli e cavalli.
Non è difficile ancora oggi imbattersi nei ruderi di torri, castelli, pievi nei quali si rilegge agevolmente la storia del territorio attraversato.
Dalle moje volterrane si dipartivano diverse “Salaiole” orientate verso i centri abitati di maggiore importanza ubicati nell’entroterra toscano quali Gambassi, Castelfiorentino, San Gimignano, Colle Val D’elsa e che poi, proseguendo, andavano a connettersi con le principali direttrici di percorrenza dell’epoca, una fra tutte la Via Francigena che congiungeva direttamente Siena e Firenze.

Percorso Nord

Nel loro svilupparsi sul territorio sono riconoscibili due rami ben distinti di strade salaiole, quella nord che partendo dalle “Moje” di Saline di Volterra passava per la stessa Città capoluogo del contado, usciva dalla porta etrusca denominata porta Diana e ricalcava il tracciato della vecchia via per Firenze passando da località con toponimi riferiti a pievi, o a strutture che adesso possono anche avere altre funzioni ma che vengono perfettamente inquadrate nel contesto più generale della storia del territorio dal nome che tuttora portano come l’Osteriaccia, i tratti selciati che caratterizzano ancora alcuni punti della strada che ci conduce prima alla Fonte all’Agnello e poi verso il Pian dei Gelsi.

Dopo aver oltrepassato la Pieve di Sant’Ottaviano, in località Pian di Palla si divide per proseguire passando per le località della Madonnina, dei Bagni di Mommialla e Taverna verso Castelfiorentino e Gambassi.Nel Pian di Palla la Salaiola che conduceva verso San Gimignano dopo poche centinaia di metri passava davanti alla Fonte del Latte, ed ai ruderi del Castello della Nera e della sua Pieve andando a ricongiungersi con le altre direttrici che, oltrepassato il confine del contado volterrano, incontravano il borgo murato di Castelvecchio.

 

Percorso Est: conformazione collinare e calanchi

Percorso Est: conformazioni di arenarie

Il tracciato che partiva direttamente dalle Moje di Saline di Volterra dirigendosi immediatamente verso est attraversava un terreno di conformazione collinare piuttosto dolce ed arrotondato, caratterizzato dalla presenza per quasi tutta la sua superficie da argille grigie plioceniche, zone calanchive, piccoli corsi d’acqua anche a carattere torrentizio, ampie aree boschive con la frequente presenza di ripide conformazioni di arenarie gialle chiamate comunemente sabbioni sulle quali si trovano arroccati, anche in questo caso, castelli, borghi e dove non è difficile imbattersi in ruderi che testimoniano la presenza umana sul territorio nei tempi bui del medioevo.

Percorso Est: selciato della “Via Salaiola”

L’escursione inviduata come Percorso “Est” parte dalla zona interessata dagli insediamenti produttivi del salgemma volterrano fin dall’epoca etrusca facilitata dalla presenza di numerose sorgenti spontanee di acqua salata: troviamo il poggio boscoso di Scornello sul quale sorgeva un castello modificato nel tempo a villa rurale patrizia quindi bisogna attraversare il torrente Zambra per iniziare la salita verso il borgo di Mazzolla.
E’ in questa zona che, prima di raggiungere il casale “Il Vile” Sede Istituzionale della locale sezione G.I.A.N. con annesso Osservatorio Astronomico, si possono agevolmente percorrere alcuni tratti di selciato perfettamente individuabile e molto ben conservato pertinente al percorso della “Via Salaiola”.

 

 

Percorso Est: il borgo di Mazzolla

 

Percorso Est: Castello di Luppiano

Oltrepassato “Il Vile” si giunge al borgo di Mazzolla, importante castello medioevale sotto il dominio della Città di Volterra che vide abbattute le mura da parte delle milizie fiorentine capitanate da Federico da Montefeltro Duca di Urbino durante le vicissitudini della guerra tra Firenze e Volterra del 1472. Siamo al margine nord dell’oasi di Berignone, estesa, selvaggia ed incontaminata, ricca di ogni specie di flora e fauna dove non è difficile ammirare caprioli, daini, cinghiali e da qualche tempo anche lupi. Costeggiando il torrente Fosci si arriva al Mulino di Berignone dominato dalla torre quadrata del Castello di Luppiano, importante fortilizio eretto sulle rovine di mura ciclopiche di chiara fattura etrusca testimoni della presenza nella zona di un importante insediamento, nelle sue vicinanze sul poggio di sant’Andrea sono stati ritrovati anche resti di sepolture a cassa di periodo longobardo. La Via inizia a risalire verso il podere Casette dove si trovava una piccola pieve di campagna per poi arrivare dopo circa 2 km alle torri di Spicchiaiola. Da qui fino alla torre e Borgo di Montemiccioli il percorso ricalca l’attuale SR 68, per continuare verso Colle Val d’Elsa e diramandosi sulla destra verso Casole D’elsa.

Veduta panoramica delle campagne attraversate

Il territorio attraversato si presenta con una morfologia di tipo collinare dove si alternano in modo assai piacevole aree completamente disboscate adibite prevalentemente alla coltivazione di cereali ad aree boschive, dove chiunque potrà apprezzare angoli di paesaggio dai colori straordinari, dove il verde cupo del bosco lecci e querce si miscela con i colori propri della fioritura spontanea o di quella delle diverse coltivazioni.
Una flora ricchissima in ogni sua espressione, essenze arboree di ogni genere con esemplari vecchi di centinaia di anni, sono tutt’altro che rare orchidee e digitali spontanee. Una fauna altrettanto varia che favorisce incontri di ogni tipo

 

In pochi chilometri si mescolano geologia, storia, natura e antropizzazione dei luoghi che convivono perfettamente con un paesaggio ricco, selvaggio ed in alcuni tratti particolarmente aspro tale da renderlo unico alla vista per i suoi panorami ed all’olfatto per gli inebrianti odori della natura in una singola parola… indimenticabile.

 

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