Grazie all’Associazione Amici della Natura ho avuto l’arricchente possibilità di partecipare all’incontro in Belgio del 22/23 Settembre facente parte del progetto “Sport per tutti”, in particolare questo era dedicato all’arrampicata e alla disabilità.
Mi sono portata a casa tante emozioni e un frullatore di idee, stimoli e possibilità in testa.
Siamo partiti dall’Italia in 3 dalla casa sotto sezione di Saviore Cà di Ach con sede a Schilpario incontrando poi Cristina della sezione di Volterra, tre ragazzi della Repubblica Ceca, Mahendra un signore cieco dall’età di 12 anni e i fantastici Jurgen e Lars gli autoctoni che ci hanno fatto sentire a casa.
Gli incontri si sono svolti nella città di Gent in una palestra d’arrampicata come mai ne avevo viste prima, con pareti bellissime per arrampicare, una stanza enorme dedicata al boulder e un caffè dal clima rilassante (con dosi di cibo extra large) con persone sedute a leggere mentre dall’immensa vetrata si potevano vedere piccoli e meno piccoli di ogni età arrampicarsi e divertirsi senza paura.
In un momento iniziale di conoscenza ho subito capito, quando si ha a che fare con persone con disabilità (in particolare i ciechi), di non dare nulla per scontato perché anche il semplice presentarsi e dire il proprio nome ha permesso a Mahendra di capire le persone che aveva attorno;, subito dopo abbiamo cominciato con la pratica.
Imbraghi alla mano abbiamo potuto conoscere ed osservare in parete 2 ragazzi con DSD e altri disturbi motori che da vari anni fanno corsi di arrampicata con Jurgen, abbiamo potuto vedere la scioltezza acquisita in anni di allenamento,la loro felicità nel fare questo sport e quanto questo abbia aiutato la loro coordinazione e sicurezza.
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Abbiamo aiutato Mahendra ad arrampicarsi cercando di guidarlo, capendo come è difficile ma importante dare informazioni chiare perché quello che noi possiamo normalmente ripetere dopo aver visto qualcun altro farlo va invece spiegato a parole. Abbiamo arrampicato noi stessi confrontandoci con i nostri limiti (le nostre disabilità) e le nostre paure.
Nel pomeriggio Jurgen ci ha mostrato il filmato del progetto “Seven Summits 2015”, in particolare la tappa che ha avuto luogo in Germania. A questo progetto hanno preso parte 5 ragazzi con diverse disabilità che con impegno si sono preparati due anni per poter scalare la vetta. Lo stesso filmare i ragazzi non è stato facile perché già si trovavano in una nuova situazione e le telecamere complicavano le cose.
E’ stato molto commovente e ispirante, poter vedere il risultato di tanto lavoro in cui un intero gruppo di persone formato dai ragazzi, dai loro allenatori e dai genitori ha creduto così profondamente.
Nel filmato li abbiamo visti compiere l’impresa tra arrampicate, ferrate e camminate, li abbiamo visti superare i loro limiti e le loro paure e conquistare la cima. La preparazione di due anni non è stata per i ragazzi a livello solo fisico e tecnico ma il lavoro dietro è stato molto più grosso e duro, un lavoro basato sulla creazione della fiducia prima di tutto in sé stessi, poi con i propri allenatori e per finire anche fiducia tra questi ultimi e i genitori perché a volte sono loro ad avere più paura e a voler proteggere i propri figli fisicamente e mentalmente da delusioni.Il vero viaggio è stato il prima, il dietro le quinte,riuscendo a fare cose che non crediamo siano nelle nostre capacità, uscire dalla zona di confort e vedere un altro lato di sé.
Una parte fondamentale è sicuramente stata la creazione del gruppo dove la competizione lascia il posto alla cooperazione e all’aiuto reciproco, dove non si guarda più a “cosa riesci a fare tu che io non riesco a fare” ma la felicità arriva anche nel guardare l’amico che fa dei progressi o una cosa nuova, l’obbiettivo è si arrivare alla cima ma tutti assieme.
A conclusione della giornata c’è stata una passeggiata sotto la pioggia nel parco circostante, in questa occasione ho potuto accompagnare Mahendra cercando di guidarlo tra rami sassi e alberi; per me è stata un’ esperienza unica non avendo modo nella mia quotidianità di piccolo paese di montagna di conoscere persone cieche. E’ stato bello andare oltre i dubbi su come comportarsi e le paure che a volte si hanno con persone con disabilità di aiutare troppo o troppo poco o anche solo di dire per sbaglio cose sconvenienti o vergognarsi di chiedere della loro quotidianità per non offendere. Invece in questa passeggiata con Mahendra una persona così dolce, aperta e semplice c’è stato modo di parlare di tutto e non c’erano più differenze ma solo la gioia di parlare con una persona così gradevole, la gioia di sperimentare che una persona si fida e si affida e la bellezza di descrivere un paesaggio nebbioso, un lago, una spiaggetta a qualcuno che non lo vede.
Nozioni pratiche
i problemi più comuni nel fare arrampicata con ragazzi con DSD sono:
- materiali nuovi e sconosciuti
- luoghi nuovi
- persone nuove
- fare movimenti automatici
- mancanza di forza nelle braccia (bisogna allenarli senza stancarli troppo)
- mantenere il focus (non pensare ad altro)
- coordinazione
- mantenere l’equilibrio
L’arrampicata è uno sport che testa limiti e paure ma allo stesso tempo non vi sono pericoli essendo i ragazzi assicurati alla corda la situazione è sotto controllo. Se riescono i ragazzi stessi possono fare sicura da soli seguiti da un altro compagno o da un istruttore.
Se si lavora con bambini con problemi fisici o mentali servono strutture, delle cose che restano immutate, delle sequenze di azioni sempre uguali e ogni tanto viene aggiunta una parte nuova per non destabilizzarli. Servono istruzioni brevi e chiare e porre piccoli obbiettivi a cui possano arrivare che gli diano un senso di successo (ad esempio mettere una bandiera dei pirati che devono toccare a livelli intermedi, cercando lo stimolo giusto e diverso per ogni persona).
Si possono usare fasce colorate sui polsi per indicare quale mano usare (mano verde sopra) o un laser per indicare le prese senza urlare e creare caos nello spazio.
A volte è possibile che non vi siano miglioramenti ma non bisogna scoraggiarsi, è già una vittoria che non peggiorino e restino costanti.
Durante la giornata si è parlato anche dell’influenza dei genitori che può essere sia negativa che positiva, a volte sono loro i più scettici ma l’importante è sempre “give it a try” “lasciagli fare un tentativo” . In certe occasioni i genitori possono partecipare e provare loro stessi in altre è richiesta una non invasione, possono osservare, incoraggiare ma è solo l’insegnante a dare le istruzioni.
Parlando di questo tema Jurgen ha raccontato di un esperimento fatto in Olanda che ho trovato molto interessante e utile: durante le partite di calcio capitava che i genitori esagerassero con gli incoraggiamenti, i commenti o le critiche allora venne organizzata una partita a ruoli invertiti dove i genitori giocavano mentre i bambini dagli spalti dovevano urlare ciò che si sentivano dire normalmente, l’esperimento fu scioccante per i genitori e questo sottolinea quanto utile sia ogni tanto un cambio di prospettiva e mettersi nei panni dell’altro.
Riflessioni finali
La mattina di domenica è stata dedicata al confronto e alla condivisione delle nostre riflessioni.
Mahendra ha portato l’attenzione sull’inclusione, arrivando insieme alla soluzione che come in ogni cosa serve equilibrio in questo caso tra il creare momenti di riposo dalla velocità della società in ambienti protetti per bambini ed adulti con disabilità( per diminuire distrazioni, frustrazioni e problemi) e l’inserirli lentamente. Sono speciali i momenti di scambio dove persone normo dotate e con diverse problematiche stanno assieme in situazioni “speciali”, con condizioni facilitate ma inclusive, dove nessuno è svantaggiato perché ci permettono di riflettere. La linea tra “normale” e non è molto sottile, ci sono limiti fisici evidenti ma poi ognuno convive con i suoi limiti ed esperienze di scambio ed occasioni di stare insieme ci fanno chiedere “chi o cosa è normale” e ci permettono di metterci in gioco.
Che una persona abbia o meno una disabilità le capacità di ognuno sono indipendenti da questo e sono diverse per tutti; l’intelligenza, la percezione, la sensibilità delle persone sono uniche.
“Disabili?”,”Abili di fare meno?”oppure “Capaci di…”non partiamo dai limiti ma invece da quello che uno può fare!!
Per quanto mi riguarda la parola chiave che mi sono portata a casa è COOPERAZIONE, me la immagino come una grande rete che collega diverse persone e realtà. I progetti messi in pratica in Belgio sono stati resi possibili grazie alla collaborazione di diverse associazioni e di persone singole che hanno condiviso la loro passione, preparazione e il loro lavoro.
Anche a progetto creato la Cooperazione è essenziale tra i ragazzi, gli allenatori, le famiglie e le persone che mettono a disposizione le loro capacità.
Come in tutte le esperienze di gruppo, credo, capita di percepire che il lavoro è più lento quando le teste e le differenze sono tante, ma questa è anche la parte più arricchente e di sicuro assieme si andrà più lontano.
Sara di Cà di Ach